Abbreviato in “Ragga”, è il sottogenere della musica reggae che ha subìto più influenza dal rap, nel quale la strumentazione ritmica è quasi interamente digitale (elettronica o computerizzata), molto vicino al genere dancehall, ora usato anche nell'Hip hop, drum & bass e jungle.
Il termine nasce da un errore ortografico intenzionale, entrato nel comune lessico giamaicano, che deriva da “Ragamuffin”, utilizzato dai colonialisti inglesi come dispregiativo per gli schiavi di colore deportati dall’Africa e da qui il nome divenuto lo stile musicale alternativo delle nuove generazioni di giovani.
Ci troviamo nella Giamaica degli anni ’50, in contemporanea con la nascita dello ska, quando il DJ, un disco dopo l’altro, cominciò per la prima volta a introdurre vocalmente (“speech”) le sue tunes esclusive, fomentando l’attenzione della folla.
L’evoluzione fu naturale: dallo ska si passò al rock steady, dal rock steady al reggae vero e proprio, seguìto da un’ulteriore evoluzione, il rub-a-dub, che fece scoppiare il boom dei toasters (chiamati anche dj o chatter), i quali portarono un’innovazione nel fare djing: l’improvvisazione di strofe personali sui pezzi che venivano suonati dal selecter, tanto da spingere i più grossi produttori giamaicani a stampare anche la version (versione strumentale) sul lato B del disco, per incentivare i giovani toasters.
L’eccezionale diffusione del ragga è probabilmente dovuta ai bassi costi di produzione che portò all’esplosione del "rhythm album", nel quale più artisti registrarono i propri testi sulla stessa base (“riddim”).
La prima registrazione ragga fu il singolo di Wayne Smith "Under Me Sleng Teng" del 1985.
Il ragga è diventato sempre più popolare, grazie ad artisti come Yellowman, Ninjaman, Supercat, Shabba Ranks, Buju Banton e Bounty Killer che hanno anche introdotto lo “slackness” (linguaggio volgare e profano) che rifletteva i cambiamenti politico-culturali in Jamaica e il declino del roots e dei suoi valori rastafariani.
Esempi di artisti prettamente di dancehall che usano il ragga per cantare sono Sean Paul, Elephant Man, Shaggy e Mr. Vegas, anche artisti più propensi per il roots, come Junior Kelly, Tony Rebel, Sizzla, Anthony B e Capleton, si sono dimostrati capaci sia di cantare soavemente su ritmi lenti, sia di “spaccare” con un ottimo ragga su ritmi più dancehall, mentre in Europa uno degli artisti più famosi è sicuramente il tedesco Gentleman, seguìto dall’italiano Alborosie, 99 posse, Sud Sound System e Brusco.
Le tematiche trattate nel raggamuffin furono, come anche nella dancehall e nella musica caraibica calypso: il sessismo, il teppismo e l’uso delle armi, l’omofobia e la misoginia, che riflettevano la malavita nei ghetti di Kingston e che ne hanno limitato la credibilità, soprattutto in Europa, per il contenuto fortemente omofobico “avendo minato la sensibilità delle comunità omosessuali”. Nel bel mezzo dei furiosi dibattiti moralisti, la scena reggae cominciò a dimostrare un ammirabile autocontrollo, con lo sviluppo del roots revival, il cosiddetto "new roots", che ribadì a gran voce il rifiuto per le oscenità, sostituendo quelle tematiche con valori più morali e a tal proposito, ultimamente artisti come, Beenie Man, Sizzla e Capleton, hanno firmato il “Reggae Compassionate Act”, in cui si impegnano a smettere con il messaggio omofobico, sia per quanto riguarda le nuove pubblicazioni, sia per la ripubblicazione di canzoni precedenti, contenenti liriche contro gli omosessuali.
Il termine nasce da un errore ortografico intenzionale, entrato nel comune lessico giamaicano, che deriva da “Ragamuffin”, utilizzato dai colonialisti inglesi come dispregiativo per gli schiavi di colore deportati dall’Africa e da qui il nome divenuto lo stile musicale alternativo delle nuove generazioni di giovani.
Ci troviamo nella Giamaica degli anni ’50, in contemporanea con la nascita dello ska, quando il DJ, un disco dopo l’altro, cominciò per la prima volta a introdurre vocalmente (“speech”) le sue tunes esclusive, fomentando l’attenzione della folla.
L’evoluzione fu naturale: dallo ska si passò al rock steady, dal rock steady al reggae vero e proprio, seguìto da un’ulteriore evoluzione, il rub-a-dub, che fece scoppiare il boom dei toasters (chiamati anche dj o chatter), i quali portarono un’innovazione nel fare djing: l’improvvisazione di strofe personali sui pezzi che venivano suonati dal selecter, tanto da spingere i più grossi produttori giamaicani a stampare anche la version (versione strumentale) sul lato B del disco, per incentivare i giovani toasters.
L’eccezionale diffusione del ragga è probabilmente dovuta ai bassi costi di produzione che portò all’esplosione del "rhythm album", nel quale più artisti registrarono i propri testi sulla stessa base (“riddim”).
La prima registrazione ragga fu il singolo di Wayne Smith "Under Me Sleng Teng" del 1985.
Il ragga è diventato sempre più popolare, grazie ad artisti come Yellowman, Ninjaman, Supercat, Shabba Ranks, Buju Banton e Bounty Killer che hanno anche introdotto lo “slackness” (linguaggio volgare e profano) che rifletteva i cambiamenti politico-culturali in Jamaica e il declino del roots e dei suoi valori rastafariani.
Esempi di artisti prettamente di dancehall che usano il ragga per cantare sono Sean Paul, Elephant Man, Shaggy e Mr. Vegas, anche artisti più propensi per il roots, come Junior Kelly, Tony Rebel, Sizzla, Anthony B e Capleton, si sono dimostrati capaci sia di cantare soavemente su ritmi lenti, sia di “spaccare” con un ottimo ragga su ritmi più dancehall, mentre in Europa uno degli artisti più famosi è sicuramente il tedesco Gentleman, seguìto dall’italiano Alborosie, 99 posse, Sud Sound System e Brusco.
Le tematiche trattate nel raggamuffin furono, come anche nella dancehall e nella musica caraibica calypso: il sessismo, il teppismo e l’uso delle armi, l’omofobia e la misoginia, che riflettevano la malavita nei ghetti di Kingston e che ne hanno limitato la credibilità, soprattutto in Europa, per il contenuto fortemente omofobico “avendo minato la sensibilità delle comunità omosessuali”. Nel bel mezzo dei furiosi dibattiti moralisti, la scena reggae cominciò a dimostrare un ammirabile autocontrollo, con lo sviluppo del roots revival, il cosiddetto "new roots", che ribadì a gran voce il rifiuto per le oscenità, sostituendo quelle tematiche con valori più morali e a tal proposito, ultimamente artisti come, Beenie Man, Sizzla e Capleton, hanno firmato il “Reggae Compassionate Act”, in cui si impegnano a smettere con il messaggio omofobico, sia per quanto riguarda le nuove pubblicazioni, sia per la ripubblicazione di canzoni precedenti, contenenti liriche contro gli omosessuali.
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